DescrizioneAttraverso la sua opera "Dall'Intelletto all'Intuizione" Alice Bailey propone al lettore uno dei tempi più importanti e rappresentativi legati alla pratica della meditazione: la conoscenza dell’anima.
«Primo. Noi accettiamo l’ipotesi che esista un’anima e che questa possa essere conosciuta dall’uomo che educhi e controlli la sua mente. Secondo. Sulla base di tale ipotesi, cominciamo a coordinare i tre aspetti della natura inferiore e ad unificare mente, emozioni e corpo fisico in un Tutto organizzato ed unitario. Otteniamo questo praticando la concentrazione.»
Da queste frasi della Bailey possiamo immediatamente ricavare quale intento si prefìgga la presente opera - la conoscenza dell’anima - e con quali mezzi tale intento possa essere conseguito dal discepolo: la pratica della concentrazione, che sfocia poi nella meditazione vera e propria. Fra le opere della Bailey questa è una delle più semplici da approcciare per il neofita e al contempo la più utile da un punto di vista meramente pratico, tanto da risultare un autentico manuale di meditazione, la quale viene prima presentata nei suoi obiettivi e poi descritta nei sui stadi progressivi.
Possiamo indicare alcune qualificazioni che devono precedere la pratica della meditazione così come qualunque genere di lavoro su di sé. Innanzitutto è necessaria quella che la Bailey stessa definisce un’«ardente aspirazione», la quale denota nel discepolo un «bruciante desiderio» e una determinazione fuori dal comune, che avranno come effetto far passare in secondo piano i suoi problemi personali. Altra caratteristica è il «desiderio di servire» in maniera disinteressata sia l’umanità in generale che il Maestro in particolare.
Inoltre viene richiesto un «movente puro», ossia la capacità di fare sacrifici e disciplinarsi senza secondi fini. Un movente non puro potrebbe implicare il desiderio di venire apprezzati per i propri successi o di ottenere poteri sovrannaturali. Tali requisiti devono precedere qualunque pratica spirituale, anche se potrebbero non essere ancora espressi in maniera perfetta. Durante il suo cammino è bene infatti che il discepolo si preoccupi di monitorare costantemente e perfezionare la natura del suo movente.
Una domanda fondamentale che il discepolo sul sentiero dovrebbe cominciare a porsi è: «Se lavorare su di me, meditare e servire l’umanità non mi portassero alcun vantaggio personale, lo farei comunque?». Detto in altro modo, se il cammino spirituale non si rivelasse utile nella soluzione dei nostri problemi personali, se non ci aiutasse a superare i nostri blocchi psicologici e a farci sentire meglio con noi stessi... vi dedicheremmo ugualmente tutto questo tempo?
L’iniziato - che magari già scrive e tiene conferenze - dovrebbe a sua volta chiedersi: «Se lavorare su di me, meditare e servire l’umanità non mi permettesse di guadagnare dei soldi e se non mi portasse soddisfazioni personali in termini di successo e prestigio... vi dedicherei ugualmente tutto questo tempo?». Se infatti la possibilità di risolvere i propri problemi personali spesso rappresenta la spinta iniziale che indirizza il discepolo su una strada di trasformazione interiore, tale spinta non può continuare a costituire per lungo tempo l’unico carburante che consente di proseguire sul cammino.
L’«impulso dal basso» deve progressivamente trasformarsi nel «magnete che attrae dall’alto», ossia il richiamo dell’anima. Per cui, il desiderio di annullare i problemi della personalità deve lasciare progressivamente il posto all’«ardente aspirazione» di cui parla la Bailey. L’aspirazione è l’effetto di Dio che ci tira per i capelli!
Monitorare costantemente il proprio movente svolge la funzione di permettere con il tempo tale transizione dal “basso” all’“alto”.
Con la prefazione di Salvatore Brizzi
Pagine: 190 - 15x21cm